Quanti di noi sanno muoversi? Sembra una domanda oziosa, in quanto ogni persona dovrebbe essere capace di muoversi nello spazio, nell’ambiente che ci circonda. Eppure molto spesso la maggioranza delle persone crede di sapersi muovere in modo appropriato quando invece effettua dei movimenti che in alcuni casi sono semplicemente “goffi” ed in altri possono essere addirittura controproducenti. Pensiamo, banalmente, a chi cammina con una postura sbagliata, ad esempio con i piedi “a papera”, oppure caricando eccessivamente le ginocchia perché il cammino è troppo rigido e viene effettuato senza piegare leggermente proprio la parte mediana della gamba, quella che nel lungo periodo può soffrire per un accumulo eccessivo ed inutile di stress fisico.
Fortunatamente esiste una tecnica molto utile per recuperare il controllo di sé nello spazio: la tecnica (o metodica) Alexander. Si tratta di un particolare processo di rieducazione al movimento grazie al quale si può migliorare sia la postura, sia l’equilibrio, sia appunto il movimento in qualsiasi momento della giornata, sia quando si cammina sia quando si eseguono le normali e banali attività giornaliere. Grazie alla tecnica Alexander si possono eliminare tutte quelle tensioni muscolari inutili o controproducenti; inoltre gli esercizi della metodica Alexander permettono di raggiungere una sensibilità maggiore ed una maggior cura nella percezione del mondo intorno a noi. Non si effettueranno più movimenti inutili e faticosi, il cammino diverrà più fluido e si otterranno i massimi risultati muscolari con il minor sforzo ed il minimo dispendio energetico.
Ma da dove nasce questa tecnica? Chi è il suo inventore?
Le origini della metodica Alexander
Si potrebbe pensare che il Signor Alexander fosse un medico od un esperto fisioterapista, giunto ad elaborare questa tecnica dopo anni ed anni di studio all’interno di qualche accademia specializzata o di un ospedale di prestigio. Nulla di più lontano dalla realtà…. Frederick Matthias Alexander era in realtà un attore! Nato in Australia nel lontano 1869, questo giovane attore di successo si trovò ad un certo punto della sua carriera a scontrarsi con un fastidioso problema alla voce. Normalmente si tentava di risolvere queste difficoltà analizzando gli organi vocali e cercando di trovare la patologia che li aveva compromessi. Alexander ebbe però la “lungimiranza intuitiva” di capire che il problema non nasceva dagli organi stessi (ovvero dalla loro parziale funzionalità) bensì dal cattivo uso che se ne faceva. Decise quindi di munirsi di alcuni specchi di grandi dimensioni, che posizionati in modo strategico all’interno di una stanza gli permisero di analizzare ogni suo movimento da diversi punto di vista. Ciò che scoprì lo sorprese e lo ispirò: molte delle sue normali posture, quelle che gli erano sempre sembrate più istintive ed appropriate, erano in realtà decisamente controproducenti. Ideò quindi una serie di movimenti più adatti al suo corpo, più armoniosi e fluidi e si accorse che essi si ripercuotevano positivamente sulle sue qualità vocali: la voce fuoriusciva più limpida, forte e chiara rispetto a prima. Ovviamente, essendo un attore, Alexander poté apprezzare anche il miglioramento della sua mimica ed espressività: il corpo rispondeva in modo più rapido ed efficiente, i movimenti risultavano più fluidi e decisi a un tempo e i risultati non tardarono ad arrivare: la sua carriera migliorò al punto tale che decise di trasferirsi a Londra, all’epoca la città del mondo con il maggior numero di teatri di lingua inglese.
Già prima di arrivare nella capitale britannica Alexander aveva sviluppato un vero e proprio sistema di rieducazione del corpo. Una sorta di “manuale” di ginnastica propriocettiva molto chiaro ed essenziale, che poteva essere utilizzato con efficacia praticamente da chiunque.
La metodica Alexander divenne rapidamente famosa e personaggi di grande spessore si recavano settimanalmente nello studio dell’attore australiano per ricevere precise istruzioni su come migliorare il loro portamento e, in generale, la loro capacità di muoversi armoniosamente nello spazio circostante. Va ricordato che siamo in un periodo, quello della cosiddetta Belle Epoque, in cui la grazia ed il portamento avevano un’importanza fondamentale, difficilmente comprensibile per la sensibilità dei nostri giorni. Ma quali erano i clienti di spicco di Alexander? Niente di meno che i celebri scrittori Aldous Huxley (autore de “il mondo nuovo”) e George Bernard Shaw, oltre al pedagogista John Dewey (stimato, fra gli altri da Benedetto Croce ed altri intellettuali internazionali). L’entusiasmo collettivo per il suo metodo cresceva con un tale ritmo che all’inizio degli anni ’30 Alexander fu “costretto” a creare un vero e proprio corso di formazione, all’interno del quale si diplomarono i primi insegnanti del suo metodo. In questo modo la metodica Alexander poté espandersi sempre di più. Per far sì che chiunque, anche senza avere a disposizione l’ideatore del metodo o un altro professore, potesse apprendere il suo metodo innovativo Alexander scrisse ben 4 libri che riassumono tutti i suoi insegnamenti in materia. Alcuni anni dopo, nel 1958, nacque in Gran Bretagna la STAT (Society of Teachers of Alexander’s Techniques: Società degli insegnanti della tecnica di Alexander), le cui branche si sono poi allargate nel mondo intero.
Il mondo anglosassone è quello in cui la metodica Alexander viene impiegata nel modo più ampio: pensate che molte imprese la consigliano ai propri dipendenti;ovviamente sono numerose le cliniche in cui viene impiegata e si è riscontrata anche una notevole utilità in uno dei momenti più delicati e magici della vita di una donna: la nascita di un bambino. Pare infatti che una propriocezione accurata sia utilissima nel momento in cui la puerpera deve controllare il suo corpo con la massima precisione e concentrazione. Inoltre la tecnica Alexander viene applicata con successo in ambiti in cui il controllo del corpo è tutto (o quasi) quali i conservatori musicali e le scuole di teatro.
Il funzionamento della metodica Alexander
Alexander elaborò un sistema di esercizi che vedono la loro applicazione non solo a livello fisico ma anche psichico. Lo scopo è di far sì che ogni azione compiuta venga effettuata con la massima naturalezza ed armonia, limitando al massimo gli sforzi muscolari. Immaginate quale enorme giovamento può trarne un musicista, magari impegnato nell’esecuzione di un concerto di più ore (pensate solo alla “Valchiria” di Wagner, un’opera lirica di oltre tre ore di durata!). In questi casi è davvero fondamentale poter eseguire dei movimenti essenziali e naturali, in modo che il continuo uso dei muscoli non porti, dopo un’ora o due, ad un’errata esecuzione di un brano. Ciò ovviamente vale anche per i cantanti stessi, che traggono grande giovamento sia nella recitazione che nel canto (anch’essi sono impegnati per più ore di seguito, ed oltre a controllare la propria voce devono avere grande cura nell’esecuzione di movimenti ed espressioni facciali).
Ma come funziona esattamente la metodica? Quali sono gli esercizi iniziali e come si sviluppa la pratica nel corso del tempo?
Sebbene ogni terapeuta possa utilizzare approcci ed esercizi differenti, possiamo affermare che generalmente una seduta si focalizza sul movimento della schiena, parte di enorme importanza nella propriocettività. Particolare attenzione viene prestata per tutto ciò che concerne le indicazioni al paziente. Tali indicazioni possono essere di tipo verbale o, meglio ancora, di tipo fisico, utilizzando delle delicate pressioni con le dita, che il terapista adopera come vere e proprie “palette di segnalazione” per spiegare silenziosamente al paziente come effettuare nel modo più appropriato ogni singolo esercizio. Per quanto riguarda la posizione del paziente, essa può variare moltissimo a seconda dei risultati che il terapeuta desidera ottenere. Normalmente il “discente” (ossia colui che sta apprendendo la propriocettività) si trova in posizione seduta o sdraiata ma in alcuni casi viene preferita una posizione “attiva”: in questo caso il paziente verrà assistito mentre il suo corpo è in azione, ad esempio nel mezzo dell’attività sportiva o, più facilmente, mentre sta suonando uno strumento. Quest’ultimo tipo di posizione è ovviamente utilizzato per i musicisti professionisti; il terapeuta si posiziona di fianco all’artista o alle sue spalle e segue con grande attenzione ogni suo piccolo movimento durante l’esecuzione di un pezzo. Successivamente il pezzo sarà eseguito di nuovo, questa volta però il terapeuta guiderà il musicista correggendo le piccole o grandi imperfezioni nei movimenti, insegnerà a rilassare la schiena, i muscoli del collo e delle spalle (i più a rischio di sovraccarico e tensione). Dopo qualche seduta tali correzioni diverranno quasi automatiche, risultando in “autocorrezioni” continue da cui scaturirà infine una serie di movimenti fluidi, naturali e privi di alcuno sforzo.
Questo risultato prende il nome di “primary control”, ovvero un controllo cosiddetto “primario” sugli atteggiamenti posturali del collo, del tronco e del capo. Ne deriverà un maggior sostegno alla colonna vertebrale, che a sua volta libererà le costole da una rigidità controproducente permettendo una respirazione più profonda, rilassata e quindi efficace. Da ciò deriverà a sua volta un miglioramento circolatorio ed una generale sensazione di benessere.
Va da sé che tale sensazione non potrà che apportare grandi benefici a chi, atleta o musicista, necessita di un corpo non solo in perfetta forma ma anche “sereno”, capace quindi di sopportare sforzi e concentrazione continua per periodi prolungati.
La metodica Alexander rimane una scienza viva e continua ad evolversi: pensiamo ad esempio alla sua grande utilità per chi, per lavoro, è costretto a rimanere di fronte al computer per lungo tempo. Anche il banale uso del mouse, spesso sottovalutato, può portare a dei problemi del tunnel carpiale; la ginnastica propriocettiva può risolvere questi problemi in modo naturale.
Grazie ad un attore del lontano Ottocento oggi abbiamo in mano un metodo di cura che ci accompagnerà per tutto il secolo XXI e forse oltre…