Moshe Feldenkrais: l’innovatore che veniva dall’impero russo
A volte metodi innovativi e straordinari nella fisioterapia sono ideati da individui altrettanto innovativi e straordinari, uno di loro è sicuramente Moshe Feldenkrais.
Feldenkrais nacque nel 1904 in quello che era ancora l’antico Impero Russo. Durante l’adolescenza, come molti ebrei russi dell’epoca, emigrò in Palestina dove studiò fisica e successivamente ingegneria cibernetica, un campo considerato all’epoca quasi al confine con la fantascienza. Feldenkrais avrebbe potuto probabilmente diventare un “normale” ingegnere cibernetico, se non fosse che una banale lesione al ginocchio lo portò ad interessarsi al campo della riabilitazione. Ciò che rese Feldenkrais così innovativo nelle sue ricerche fu il fatto che esse erano supportate da una robustissima preparazione nel campo della fisica, della cibernetica e di conseguenza anche della biomeccanica. Il suo metodo, nato intorno agli anni ’50 in Israele, prese rapidamente piede in Europa e nel nuovo continente; attualmente numerosi Stati del mondo possiedono delle associazioni e delle scuole che formano i nuovi terapisti del metodo Feldenkrais, ciò grazie a dei corsi di studio approfonditi della durata di ben 4 anni.
Ma Feldenkrais non era solo questo: grande esperto di Judo, negli anni ’30 ebbe l’onore di conoscere Jigoro Kano, il fondatore del Judo moderno. I due diventarono grandi amici e Kano apprezzò molto le profondissime conoscenze della biomeccanica di Feldenkrais, che nel giro di poco tempo ottenne una cintura nera in questa arte marziale e per molti anni contribuì ad insegnarla in Francia, dove risedette a lungo. Ma nel 1940 Moshe dovette fuggire da Parigi: essendo ebreo sapeva bene che i nazisti lo avrebbero imprigionato e quasi sicuramente ucciso. Partì perciò per l’Inghilterra portando con sé un recipiente di acqua pesante e numerosi documenti segreti riguardanti le sue ricerche. Dopo la guerra Feldenkrais si stabilì in Israele ma insegnò il suo metodo anche negli Stati Uniti fino alla seconda metà degli anni ’70.
Il metodo Feldenkrais in Italia
Sebbene questo metodo nasca nei lontani anni ’50 furono necessari ben 30 anni prima che iniziasse ad essere studiato in Italia. La prima scuola aprì nel 1987 col nome di AIIMF (Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais). I primi corsi iniziarono l’anno successivo a Roma e a Milano. Pian piano il metodo aumentò di importanza e nacquero così altri centri. Oggi, nel 2017, esistono ben 7 scuole accreditate dall’European Training and Accreditation Board, un organismo europeo che controlla ogni singola scuola affinché il metodo Feldenkrais venga insegnato in modo corretto e completo.
Cos’è il metodo Feldenkrais
Si tratta di un vero e proprio percorso di apprendimento, da un certo punto di vista è simile ad un corso di ginnastica propriocettiva. L’obiettivo è semplice e complesso al tempo stesso: ottenere una piena consapevolezza e conoscenza del proprio corpo, della propria fisiologia, delle proprie capacità ma soprattutto dei propri limiti. Tutto ciò permette al fruitore del metodo Feldenkrais di riconoscere per tempo molti dei disturbi che possono colpire il suo corpo, sapendo come bilanciarlo e risolverlo nel modo più rapido ed efficace possibile.
Le teorie di biomeccanica alla base del metodo di Feldenkrais sono fondamentalmente due:
· Ogni essere vivente effettua tutti i suoi movimenti in un mondo che è sottoposto alla regolare forza di gravità. Tale attrazione gravitazionale ha esercitato, esercita ed eserciterà un’ influenza fondamentale sullo sviluppo sia degli individui sia delle specie animali e va quindi sempre tenuta presente in ogni analisi.
· Qualsiasi organismo vivente è sottoposto a leggi biomeccaniche sempre identiche a se stesse (potremmo, volendo, definirle come vere e proprie leggi fisiche) quindi prevedibili e “affidabili”.
Ma quali sono gli obiettivi precipui di questo metodo?
Va innanzitutto evidenziato come la metodica di Feldenkrais non sia esattamente una metodica di tipo terapeutico: termini come “malato” o “sano” non sono infatti da essa utilizzati. Ciò che la metodica cerca di ottenere è una maggior consapevolezza e controllo del proprio corpo.
Alcuni punti fondamentali vanno evidenziati:
· Ogni movimento va “spezzettato” nelle sue fasi di inizio, svolgimento, fine. È fondamentale che il “paziente” (anche se il termine sarebbe improprio) sia capace di identificare ogni singola fase e si renda conto esattamente dei singoli muscoli impiegati nella fase stessa. Va da sé che tale elaborazione mentale richiede una notevole concentrazione e per tale ragione deve necessariamente essere affrontata tramite varie fasi, dalla semplice alla più complessa. Ciò è particolarmente vero per i bambini e per gli anziani, che normalmente faticano a concentrarsi a lungo su compiti di tale genere.
· Nel momento in cui i classici schemi di movimento creano delle difficoltà nel paziente,
la sfida consta nel creare delle alternative con le quali superare le difficoltà stesse.
· Grazie a dei particolari meccanismi senso-motori la consapevolezza di ogni singolo movimento è elaborata in un modo alternativo. In questo modo ci si può relazionare in modo più efficace ed utile con l’ambiente circostante, ciò in modo non dissimile dalla ginnastica propriocettiva.
· Per ogni singolo movimento, per quanto semplice esso sia, bisognerà elaborare almeno 5 o 6 alternative. Pensate al modo in cui, banalmente, apparecchiate la tavola: sicuramente ci saranno altri modi di farlo, così come nell’appendere la biancheria, oppure (cambiando radicalmente esempio) nel tuffarsi in piscina o nel calciare un pallone. Sebbene questo approccio possa sembrare “inutile”, è invece quello che permette di appropriarsi nel modo più completo del proprio corpo e dei propri movimenti.
Per quanto concerne l’organizzazione del lavoro, Feldenkrais pensò che il suo metodo potesse dare il proprio meglio se effettuato, ovviamente, in modo diversi: sia col lavoro individuale sia con quello collettivo.
· Il lavoro individuale vede un rapporto diretto fra terapeuta e paziente: il primo utilizza una comunicazione non verbale nei confronti del secondo, che riuscirà a comprendere ogni singolo comando del terapeuta solo grazie alle sue mani, che guideranno ogni singolo movimento.
· Il lavoro collettivo: in questo caso il terapeuta si rivolge ad un gruppo di due, tre o quattro pazienti perciò ogni comando sarà verbale ed ogni paziente trarrà vantaggio dall’osservare non solo i propri movimenti ma anche quelli dei suoi compagni. In questo modo potrà trovare nuovi stimoli nell’eseguire ogni esercizio. Pensiamo banalmente ad un salto da fermi: il modo di prendere lo slancio ed utilizzare le braccia, di flettere le ginocchia ed abbassare la schiena prima del balzo varia da persona a persona; osservando i movimenti degli altri e confrontandoli con i nostri potremo quindi provare delle varianti osservate “sul campo” e perciò riprodotte senza difficoltà, in modo assolutamente naturale.
Due esercizi esemplificativi del metodo di Feldenkrais
· Primo esercizio: provate ad intrecciare due o tre volte le dita delle mani; quasi sicuramente lo farete sempre nello stesso modo, quello che considerate “naturale”. Provate ora ad intrecciarle in modo opposto: facendo sì che le dita di una mano che prima erano dietro e poi siano ora di fronte alle dita dell’altra. Forse questa posizione vi sembrerà innaturale e addirittura fastidiosa, eppure è valida esattamente quanto l’altra. Grazie a questa diversa esecuzione di un movimento così semplice il paziente potrà capire che ogni azione, anche quella in apparenza più banale, può sempre essere eseguita in almeno due modi e che entrambi vanno provati per capire meglio come funziona ogni singola azione del nostro corpo.
· Questo esercizio si esegue in piedi, sarebbe l’optimum se lo si potesse effettuare sulla sabbia o su del ghiaino. Osservate il modo in cui distribuite, naturalmente, il vostro peso mentre siete in piedi: tendete a “pesare” di più sui talloni o sulle punte? Nella parte interna od esterna dei piedi? Provate poi a mantenere perfettamente immobili le vostra gambe ed i vostri piedi per circa 5 minuti: capirete facilmente come le nostre estremità interiori abbiano necessità di essere in quasi costante movimento. Ciò avviene per una semplice ragione fisica: quando siamo in piedi il nostro baricentro è molto alto e la nostra base (cioè i nostri piedi) ha un’area troppo piccola per garantire un equilibrio stabile a lungo. Ecco la ragione per cui, quando pensiamo di essere in piedi immobili, effettuiamo in realtà una lunga serie di micromovimenti senza soluzione di continuità. Provate ora ad effettuare lo stesso esercizio ad occhi chiusi: vi accorgerete subito di quanto sia difficile, ma se lo proverete per due o tre volte e presterete la massima attenzione alle vostre gambe ed ai piedi potrete acquisire una consapevolezza nuova di questi micromovimenti, apprendendo così a gestirli al meglio.
Quando usare e quando non usare il metodo di Feldenkrais
Non essendo una terapia medica vera e propria, il metodo di Feldenkrais non ha delle controindicazioni. Ovviamente non lo si deve utilizzare come se fosse una sorta di panacea per ogni difficoltà motoria o posturale, ma è indubbio che problemi di carattere neurologico od ortopedico (quali l’emiplegia e la sclerosi multipla) possono essere affrontati efficacemente anche con questa metodica. Il metodo di Feldenkrais non è quindi l’unica strada, ma è sicuramente una delle strade da percorrere per poter conoscere davvero il proprio corpo e relazionarsi in modo propositivo con i problemi ortopedici che ognuno di noi, nel corso della propria vita, potrebbe dover incontrare.