Avete mai pensato come potrebbe essere la vostra vita senza uno dei due muscoli pettorali? Le difficoltà fisiche e i disagi psicologici che ciò potrebbe provocare? Purtroppo è questa la situazione che devono affrontare coloro che soffrono della sindrome di Poland.
La sindrome fu studiata per la prima volta dal chirurgo inglese Alfred Poland alla fine dell’Ottocento. Non fu però questo specialista a battezzarla col proprio nome (è infatti raro che un medico sia così supponente da dare il suo nome ad una malattia da lui scoperta o studiata con precisione). Il nome “sindrome di Poland” fu coniato dal chirurgo plastico Patrick Clarkson: negli anni ’60 Clarkson riscontrò in alcuni suoi pazienti delle malformazioni che erano già state descritte con precisione da Poland e pensò fosse doveroso donare al medico inglese questo omaggio post mortem.
Tecnicamente la sindrome è caratterizzata da una malformazione del muscolo pettorale, che a volte può estendersi all’arto superiore fino a colpire anche la mano del paziente. Oltre all’assenza del muscolo pettorale, la sindrome di Poland causa spesso brachidattilia, sindattilia cutanea e per le pazienti di sesso femminile anomalie al seno.
Cosa provoca la sindrome di Poland
La scienza medica non ha ancora scoperto quali siano le cause precipue che provocano la sindrome di Poland, tuttavia c’è un indiziato: un’anomalia della circolazione del sangue, in particolare nella zona che attraversa una delle arterie dette “succlavie”. Le succlavie sono le arterie preposte a rifornire di sangue le braccia ed alcune di esse posseggono dei vasi arteriosi che arrivano fino alla testa.
Per quanto riguarda la frequenza con cui la sindrome si presenta, non si possiedono dei dati precisi; ciò per una ragione curiosa: in alcuni casi la malattia ha un’eziologia talmente discreta da poter quasi passare inosservata. Si è comunque calcolato che l’incidenza è compresa fra 1 caso ogni 10.000 nuovi nati ed un caso ogni nuovi 100.000 nati. Anche nel caso più grave (un malato ogni 10.000 persone) in Italia non ci sarebbero più di 6.000 persone interessate dalla patologia. Si tratta quindi di un fenomeno sicuramente marginale in termini numerici ma foriero di grandi disagi per coloro che ne vengono colpiti in modo massiccio.
La diagnosi della sindrome di Poland
Gli specialisti sono soliti analizzare la possibile presenza della sindrome di Poland in un paziente tramite una visita accurata, volta a valutare con precisione la completa situazione sintomatologica. Ovviamente l’esame dev’essere strumentale, ossia utilizzare quegli strumenti della scienza medica atti ad individuare la patologia stessa, quali la TAC, la RMN (Risonanza magnetica nucleare) ed il classico ma sempre utile esame ai raggi X.
Come abbiamo scritto in precedenza in questo articolo, a volte la sindrome risulta molto complessa da diagnosticare, per lo meno fino ai 14 – 15 anni di età del paziente. Pensiamo ad esempio alle donne: per le pazienti è possibile diagnosticare con sicurezza la presenza della sindrome di Poland solo quando il corpo si è completamente sviluppato. Solo allora infatti si potrà notare il non completo sviluppo di una delle due ghiandole mammarie.
Come risolvere la sindrome di Poland
Va sempre ricordato che la sindrome di Poland non crea esclusivamente problemi di carattere prettamente meccanico (ossia la difficoltà nell’eseguire con sicurezza determinati movimenti degli arti) ma anche problemi psicologici: in un ragazzo di 16 o 17 anni la mancanza dello sviluppo di un muscolo pettorale può provocare grandi disagi e crudeli scherzi da parte dei compagni di classe o di squadra. Nelle ragazze poi il dramma psicologico è ancora più grave: la sindrome di Poland impedisce infatti ad una giovane di godere completamente della propria bellezza, facendola sentire quasi “una donna a metà”. Risulta quindi indispensabile operare soprattutto nei casi più gravi, sia a livello fisico sia (conseguentemente) psicologico.
Fortunatamente la chirurgia estetica contemporanea è talmente avanzata da risolvere (almeno dal punto di vista meramente visivo) la problematica senza particolari difficoltà. In realtà più che di chirurgia estetica dovremmo parlare di chirurgia ricostruttiva, grazie alla quale sarà possibile intervenire nei casi di anomalie o completa assenza dei due muscoli pettorali, detti muscolo grande pettorale e muscolo piccolo pettorale. L’operazione si basa su un prelievo di alcune fibre muscolari da altre zone del corpo del paziente, per poi trapiantarle nella parte in cui si trova la malformazione.
L’età consigliata per questa operazione è intorno ai 13-14 anni per i ragazzi ed alla fine della pubertà per le ragazze (quindi due o tre anni dopo).
Il risultato sarà sicuramente un dono meraviglioso per il giovane o la giovane paziente, che potrà davvero risorgere ad una nuova vita: tornerà ad essere sicura del proprio corpo, della propria bellezza, ed affronterà l’esistenza con maggiore fiducia e positività.