La colonna vertebrale è costituita da segmenti ossei di forma piuttosto complessa (le vertebre) che incastrandosi l’uno sull’altro riescono a mantenere una certa stabilità supportati anche dalla muscolatura e dai legamenti adiacenti e dai dischi intervetebrali che oltre alla funzione di “ammortizzatori” hanno anche quella di sostegno e collegamento di 2 vertebre.
Cos’è la spondilolistesi?
Il termine deriva dal greco e significa letteralmente “scivolamento della vertebra”. Il disturbo colpisce principalmente i ragazzi durante l’età della crescita e si presenta con uno scivolamento di una vertebra su quella sottostante. Lo spostamento può essere in avanti (anterolistesi), verso un fianco (laterolistesi) o all’indietro (posterolistesi); la più frequente è l’anterolistesi ed è quella a cui solitamente ci si riferisce quando si parla di spondilolistesi in generale.
La patologia è quasi sempre a carico delle vertebre lombari: nel 75% dei casi è la L5 che scivola sulla S1, mentre nel restante 25% delle evenienze, è la L4 che scorre sulla L5.
Vi sono più livelli di gravità del disturbo e questi vengono indicati mediante 2 scale diverse: il metodo di Meyerding, chesuddivide lo scivolamento in 5 livelli, da 0 a 4 e una scala che invece converte i millimetri di scivolamento in percentuale: il livello 1 corrisponde circa al 25% e il 4 al 100% di spostamento della vertebra.
Perché si manifestano casi di spondilolistesi?
Le ultime vertebre lombari, le più a rischio, sono appoggiate su quella sottostante con un angolo di circa 30° rispetto all’orizzontalità del piano, quindi c’è una certa predisposizione di queste ossa alla fuga dalla loro posizione originaria, ma la struttura muscolare e tendinea adiacente è in grado, in condizioni normali, di sostenere tutto il rachide senza alcun problema. In alcuni casi problemi congeniti o traumatici possono causare un indebolimento di una parte ossea della vertebrautile per unire i vari segmenti l’uno all’altro: l’istmo. Se questo si rompe si è in una condizione di spondilolisi, sempre presente quando viene diagnosticata la spondilolistesi (e nel 94% dei casi vale anche il contrario: alla diagnosi di spondilolisi è associata quella di spondilolistesi).
Il disturbo colpisce spesso i bambini in crescita, ma in questo caso la maggiorparte dei pazienti non presenta alcun sintomo, mentre quando sono gli sportivi a soffrirne, vengono spesso accusati mal di schiena a livello lombare sia in posizione eretta che nell’esecuzione di alcuni movimenti.
Per quanto lo sport faccia bene a tutto il corpo e fortifichi anche la muscolatura scheletrica e quella di sostegno alla colonna vertebrale, alcune discipline possono essere determinanti nello sviluppo del problema, specialmente se c’è una predisposizione genetica. I maggiori sportivi che rischiano spondilolisi e conseguente spondilolistesi sono coloro che praticano tuffi, sollevamento pesi, lotta, sci nautico o alpino, pallavolo, tennis, lancio del giavellotto e tutti gli sport in cui il salto ha un ruolo importante.
Come si affronta la malattia?
Come già detto, spesso la malattia è asintomatica, ma un medico specialista con una semplice visita per palpazione può avvertire la presenza di uno “scalino” tra le vertebre e prescrivere al paziente delle radiografie che mettano in evidenza lo stato del rachide. Se queste confermano la presenza di spondilolistesi, in base alla gravità dello spostamento si applica una diversa terapia. Se lo scivolamento è inferiore al 25% l’unica cosa da fare è tenere sotto controllo la progressione della malattia con radiografie periodiche ogni 6 mesi circa, fino ai 15 anni, mentre nei casi in cui lo scivolamento è superiore è opportuno porre attenzione allo sport che si pratica ed è anche necessario monitorare il procedere del disturbo. Quando poi il livello di scivolamento supera il 50% è solitamente consigliato l’intervento chirurgico che riposizioni la vertebra e la fissi in maniera opportuna.
Spesso capita che una spondilolistesi nell’età della crescita si blocchi per decenni e torni a dare fastidio con l’avanzare dell’età, quando il disco interveterbale perde la propria elasticità favorendo il processo di scivolamento. In ogni caso soltanto il 20% dei pazienti che in giovane età hanno sofferto della patologia tornano ad accusarne i sintomi in età adulta.