Nel 1817 James Parkinson scrisse un “Trattato sulla paralisi agitante” che descriveva per la prima volta quello che attualmente viene chiamato Morbo di Parkinson e che affligge l’1-2% della popolazione oltre i 60 anni e il 3-5% degli over-85, tra cui attori o sportivi famosi come Michael J. Fox o Muhammed Alì e personaggi di rilievo come Papa Giovanni Paolo II.
La malattia colpisce la sostanza nera del cervello e provoca una condizione deficitaria di dopamina, sostanza che ha una funzione inibitoria del tono muscolare, rendendo inizialmente difficili i movimenti (anche i più semplici, come camminare) e creando a lungo andare anche problemi cognitivi.
Quali sono i sintomi?
I sintomi più comuni del Morbo di Parkinson sono: il tremore specialmente alle estremità e tra queste le più colpite sono le mani, ha solitamente un ritmo regolare di 4-6 scosse al secondo e peggiora nei momenti di stress, concentrazione o fatica psico-fisica; la rigidità, causata dalla mancanza di dopamina, fa sì che i muscoli risultino rigidi anche al movimento passivo e “si sblocchino” progressivamente con un fenomeno di scatti motori che prende il nome di “ruota dentata”; varie turbe della postura rendono invece difficile la posizione eretta o seduta per una forte mancanza di equilibrio (si tende a cadere indietro); l’acinesia caratterizzata dalla scarsa espressività facciale (faccia a figée) , dalla lentezza nell’incominciare i movimenti o dall’incapacità di portare a termine movimenti rapidi anche molto semplici (come battere le mani o grattarsi); infine in alcuni casi sono presenti fenomeno di bradilalia o palilalia, turbe della scrittura e disturbi della sfera psichica.
All’osservazione medica il malato di Parkinson viene solitamente inserito in uno dei 4 stadi della malattia, ognuno dei quali necessita di terapie opportunamente valutate dal medico curante. Il primo stadio comprende il Parkinson iniziale ed è caratterizzato da una sintomatologia incompleta che può essere confusa con quella della depressione o di altre patologie; il secondo stadio viene detto del Parkinson conclamato e la rigidità muscolare è evidente; il Parkinson complicato rientra nel terzo stadio e prevede la totale incapacità di portare a termine interi movimenti come “cambiare lato” quando si è in posizione sdraiata e difficoltà cagnitive; l’ultimo stadio, il quarto, viene detto del Parkinson terminale e ne sono affetti coloro che non sono più autonomi e necessitano della sedia a rotelle per qualsiasi spostamento, anche breve.
Come affrontare la malattia?
Già ai primi stadi della malattia è importante che il paziente, oltre ad assumere i farmaci adeguati, si affidi a un centro riabilitativo. Infatti anche se i movimenti risultano ancora pienamente controllabili dal soggetto, una riabilitazione ben fatta può rallentare i processi degenerativi che portano agli stadi più gravi del Parkinson e può contrastare gli ulteriori problemi muscolari e articolari causati dall’immobilità dovuta alla malattia.
Anche dal punto di vista psicologico è bene avvicinarsi a una terapia riabilitativa il prima possibile, quando cioè gli obiettivi possono essere raggiunti più facilmente e può crescere la fiducia in se stessi.
In tutti gli stadi comunque la riabilitazione consiste nel valutare ed eventualmente correggere il senso propriocettivo del paziente, cioè la sua capacità di capire in ogni momento la posizione che sta assumendo e i movimenti che sta facendo ed è stato sperimentato con successo anche un sistema di feedback che rendesse coscienti i pazienti dei propri risultati e li spingesse a migliorare.
Le sedute fisioterapiche sono prevalentemente individuali e sono tese al recupero funzionale della muscolatura con allungamenti, rotazioni articolari, esercizi di postura e di equilibrio, variazione delle posizioni, passaggio dalla posizione seduta a quella eretta e viceversa e nei casi più seri il medico pone l’attenzione anche sulla respirazione e sul linguaggio (primo mezzo di socializzazione) e sulle più semplici attività quotidiane che possono creare delle difficoltà al singolo paziente.
Nei primi stadi della malattia e saltuariamente anche per i pazienti al terzo o quarto stadio, è possibile effettuare delle terapie di gruppo che possono aiutare il soggetto nella socializzazione e quindi apportare un fondamentale supporto dal punto di vista psicologico. Per lo stesso motivo sono state valutate positivamente anche le esperienze nell’ambito della teatroterapia, della danzaterapia, del thai chi o dello yoga.
Grande importanza nella riabilitazione psico-fisica del paziente malato di Parkinson risiede nei caregivers, coloro cioè che si prendono cura del soggetto, siano essi familiari o operatori sanitari. Costoro devono infatti mantenere vivo l’interesse per la riabilitazione facendo sì che il soggetto la possa vivere come un momento piacevole durante il quale ci si prende cura di se stessi: del proprio corpo e della propria mente; un momento durante cui si possono fare nuove conoscenze con cui condividere esperienze simili e trascorrere momenti di tranquillità emotiva, tranquillità che purtroppo a volte è negata a causa delle difficoltà quotidiane a chi non può usufruire delle giuste attenzioni.