In alcuni casi scoprire la causa per cui si sviluppa una malattia può essere particolarmente difficile. Questo accade quando coloro che si ammalano non sempre presentano precedenti clinici o traumatici affini, come nel caso dei malati di algodistrofia, o malattia di Sudek.
È una patologia abbastanza diffusa e colpisce donne e uomini con un rapporto di 4:1 e di età compresa tra i 35 e i 50 anni, mentre sono rari i casi di insorgenza in età pediatrica o infantile.
Cosa si teorizza sulle cause della malattia?
Nel 40-60% dei casi la patologia si manifesta in seguito all’immobilizzazione di un arto con un gesso riparatore di una frattura, ma si sono riscontrati casi preceduti da microtraumi ripetuti, in particolar modo nel piede, nel collo del piede, nel polso e nella mano. Più raro lo sviluppo nella spalla, nel gomito e nell’anca.
La malattia di Sudek viene anche chiamata “distrofia da riflesso simpatico” per porre l’attenzione su una delle teorie più accreditate relativamente all’insorgenza della patologia: una disfunzione del sistema nervoso simpatico. In caso di pericolo infatti l’istinto induce chiunque alla fuga e questa è permessa dal sistema nervoso simpatico che con la contrazione dei vasi cutanei spinge il sangue ad irrorare abbondantemente l’interno della massa muscolare permettendone la funzionalità nonostante gli eventuali traumi (come le fratture) e limitando il sanguinamento in caso di lesioni della cute temporaneamente poco vascolarizzata. Questa contrazione dovrebbe cessare dopo qualche minuto, per restituire all’organismo la corretta funzionalità, ma in alcuni casi sembra che perduri provocando conseguenze anche importanti.
In ogni caso la malattia di Sudek è ancora considerata multisistemica e multisintomatica e nessuna teoria ha condotto ad alcuna certezzasulle sue cause.
Quali sono i sintomi e come si evolve la malattia?
Il decorso della patologia segue linee individuali a seconda del paziente, ma i medici hanno provveduto a delineare 3 fasi riscontrabili durante lo sviluppo della patologia: nella prima fase, lo stadio acuto, l’arto colpito presenta edema, rossore, calore e intenso dolore, specialmente sotto carico. La funzionalità è limitata e le radiografie presentano un trasparenza ossea a macchia di leopardo. Nella seconda fase, lo stadio cronico, la cute si assottiglia, perde calore e si asciuga, l’edema però permane e il dolore è più diffuso per quanto ancora acuto, i muscoli si presentano ipotrofici e le articolazioni rigide, frequentemente crescono numerosi peli ruvidi e crespi e l’osteoporosi è marcata. Nella terza fase, lo stadio terminale, muscoli e tessuti si presentano atrofici e le conseguenze possono risultare irreversibili; più la malattia perdura, più è probabile arenarsi nel terzo stadio.
Quali sono le terapie utilizzate per affrontare la malattia?
L’approccio medico di fronte a un caso di Malattia di Sudek deve essere contemporaneamente farmacologico, strumentale e fisioterapico.
I farmaci prescritti dallo specialista consistono innanzitutto dei FANS, antinfiammatori e analgesici in grado di ridurre il dolore permettendo anche una migliore predisposizione psicologica alla guarigione, e dei cortisonici, che mediante infiltrazioni locali possono apportare discreti giovamenti specialmente nel primo stadio; la calcitonina, infine facilita il riassorbimento osseo fondamentale per fortificare lo scheletro.Magnetoterapia, ultrasuonoterapia e idroterapia, se ben dosati tra loro, hanno effetti riabilitativi importanti, specialmente se associati ad unafisioterapia specifica tesa allo scioglimento articolare e alla vascolarizzazione dell’arto sofferente. La ginnastica non deve mai essere aggressiva e deve rispettare la soglia del dolore percepito. Solo così, senza cercare di affrettare i tempi, le ossa e i muscoli possono recuperare la forza e la scioltezza necessarie per recuperare la piena funzionalità corporea.
È bene sottolineare che nella norma la malattia guarisce completamente nell’arco di 6-8 mesi, ma come in tutti i casi, è fondamentale non perdere tempo. La malattia non guarisce da sola e necessita di cure tempestive. In particolare, nei casi di errata vascolarizzazione e problemi muscolari e ossei, iniziare un programma riabilitativo il prima possibile è quanto mai preferibile. Le statistiche mostrano infatti che l’80% dei soggetti che hanno iniziato una cura entro un anno dallo sviluppo della malattia hanno avuto una completa guarigione, mentre il 50% di coloro che hanno atteso più di un anno prima di sottoporsi a cure specifiche hanno riscontrato piccoli problemi residui.