Il malleolo è tra le ossa più esposte a traumi: può capitare che, facendo sport, o semplicemente a seguito di una caduta, il piede rotei malamente, e quest’osso si rompa. La frattura del malleolo può essere composta o scomposta. Nel primo caso il malleolo resta comunque allineato, mentre nel secondo, si potrà invece notare anche a occhio nudo la separazione tra le estremità ossee fratturate. Talvolta la zona interessata può presentare una lacerazione della cute, esponendo all’esterno la frattura.
Come intervenire
I segni della frattura al malleolo sono immediatamente visibili: gonfiore e arrossamento sono accompagnati da dolori acuti alla zona interessata; a ciò si aggiunge l’impossibilità di movimento e di appoggio.
La modalità d’intervento viene stabilita in base al tipo di trauma. Nel caso di frattura composta, spesso si ricorre a trattamenti conservativi: in questi casi può bastare l’applicazione di un’ingessatura alla caviglia, fino a quando questa non guarisce definitivamente; inoltre il medico potrà prescrivere farmaci antinfiammatori e analgesici per lenire il dolore e prevenire infiammazioni. Solitamente il gesso va tenuto per circa 3/4 settimane, prima di iniziare la riabilitazione motoria. Se invece la frattura è scomposta e frammentata, sarà necessario intervenire chirurgicamente per ricomporre la lesione. Il dottore opererà per rimettere nel giusto assetto le ossa e rimuovere i frammenti: spesso potrà ricorrere a supporti in titanio per risistemare al meglio la caviglia, prima di applicare l’ingessatura. Anche in questo caso il medico potrà somministrare antidolorifici e anticoagulanti come terapia farmacologica. Dopo il riposo con gesso, il paziente potrà iniziare la riabilitazione.
Fisioterapia nel post-frattura al malleolo
Dopo le prime settimane di riposo con gesso, il paziente potrà cominciare con delle sedute di fisioterapia: solitamente queste consistono in una serie di esercizi e movimenti – a varie gradazioni di difficoltà – per far si che il piede ritrovi il giusto feeling con il suolo: per questo l’esperto assisterà il paziente somministrando movimenti di riequilibrio (ad es.: su tavola instabile o propriocettiva); inoltre, tramite manipolazione, provvederà gradualmente a riabituare la caviglia al suo naturale movimento; infine potrà mettere in atto una serie di esercizi di movimento, man mano più intensi, per rinforzare la muscolatura e l’articolazione – che per tempo è rimasta in stato di immobilità. In genere a due mesi dall’intervento si è già in grado di camminare, anche se talvolta il definitivo recupero della frattura e la completa calcificazione può durare anche svariati mesi: ciò anche a seconda della reazione fisiologica del paziente.