La forza di gravità, il peso corporeo e la struttura dello scheletro fanno sì che sulle ginocchia il carico imposto sia molto elevato.
Se tutto il peso insistesse esclusivamente sulle cartilagini delle estremità femorali e tibiali, l’articolazione del ginocchio subirebbe delle lesioni “da consumo” entro relativamente pochi anni di vita. Per questo motivo esistono dei cuscinetti di materiale fibro-cartilagineo che, disposti a mezzaluna tra le tuberosità inferiori del femore e quelle superiori della tibia, ammortizzano i movimenti e lo sforzo articolare. Questi cuscinetti prendono il nome dimenisco esterno (o laterale) e menisco mediale, relativamente alla posizione, verso l’esterno o verso l’interno, che occupano nel ginocchio.
Come può rompersi il menisco e quali sono i sintomi?
La rottura del menisco può avvenire per 2 motivi principali: il trauma diretto, in particolare in ambito sportivo, o la degenerazione tissutale, specialmente dopo i 40 anni di età.
Solitamente sono le torsioni brusche ed eccessive (intrarotatorie, nel caso di menisco esterno, extrarotatorie se si tratta di menisco mediale) gli eventi scatenanti della rottura e queste avvengono durante gli allenamenti o le gare di sport come sci, calcio, o rugby o di manifestazioni artistiche come danza o pattinaggio artistico.
La rottura può essere di 3 tipi diversi: radiale, se la lesione parte dall’osso verso il centro del menisco, longitudinale, se è invece parallela alla forma di mezzaluna della struttura intera, o a flap, se partono come lesioni radiali, ma si propagano seguendo una direzione longitudinale; queste ultime 2 fratture sono le più dolorose e le più difficili da riabilitare.
Solitamente il paziente a cui si rompe il menisco con un trauma diretto prova un forte dolore e una limitazione funzionale più o meno importante, il ginocchio si gonfia ed è possibile che si avverta un certo rumore al movimento caratteristico della rottura. Se invece la frattura è dovuta alla degenerazione tissutale, la sintomatologia è più subdola e si sviluppa nel tempo con difficoltà al movimento e stanchezza eccessiva per sforzi fisici anche limitatamente incombenti.
Come avviene la diagnosi e qual è la terapia?
Quando a causa di un forte dolore o di un fastidio persistente e sempre più incisivo, ci si reca dall’ortopedico, questo è solitamente in grado di ipotizzare una rotture del menisco anche solo con una visita anamnestica e clinica, ma la diagnosi vera e propria avviene solo in seguito all’osservazione del risultato di analisi strumentali come i Raggi X o la Risonanza Magnetica.
Valutata la condizione generale del tessuto e dell’articolazione l’ortopedico può elaborare un programma riabilitativo consistente in un eventuale intervento chirurgico e un periodo di riposo e riabilitazione fisioterapica.
Relativamente alla richiesta funzionale del soggetto, la rottura del menisco può essere trattata con o senza l’intervento chirurgico. Coloro che non praticano sport o hanno un’età avanzata possono stabilizzare la lesione (se non è eccessivamente grave) con un periodo di riposo, un tutore apposito e un programma di fisioterapia. In questo caso in pochi giorni si può tornare a svolgere un lavoro sedentario o a camminare senza sforzi eccessivi; se invece sussiste un certo blocco articolare o il paziente è uno sportivo che ha bisogno di tornare agli allenamenti il prima possibile, è opportuno tentare un’operazione chirurgica. Oggi l’intervento avviene sempre in artroscopia, attraverso cioè piccole incisioni di un centimetro circa, entro cui vengono inserite delle sonde con microcamera con cui è possibile eliminare il tessuto leso ed assicurare all’osso o al tessuto circostante un’eventuale protesi. Le protesi possono essere di derivazione naturale (da donatore deceduto) o di fabbricazione artificiale, grazie ai risultati della bioingegneria. In ogni caso queste vengono inserite in modo tale da eliminare la lesione e nell’80% dei casi regalano un alto livello di soddisfazione agli sfortunati pazienti.
Dopo l’operazione è sempre necessario prestare attenzione a piccoli accorgimenti: è bene non muovere l’articolazione per qualche giorno affinché le suture si cicatrizzino, anche grazie all’aiuto di tutori specifici ed è opportuno ricominciare a muoversi gradualmente e sotto il controllo del fisioterapista. In questo modo entro un periodo di tempo che va dai 10 giorni alle 4 settimane, è sicuramente possibile tornare a svolgere tutte le proprie attività consuete, comprese quelle sportive.