Quando una frattura delle vertebre L1 e L2 è legata a dei disturbi di tipo neurologico è quasi sempre indispensabile risolvere la problematica con un intervento di chirurgia. Se il paziente è una persona in giovane età (fino ai 30 anni circa) si procede normalmente con l’inserimento chirurgico di viti, placche od altre strutture con l’obiettivo di fondere insieme le vertebre fratturate.
In altri casi, ossia per pazienti in età media od avanzata, si preferirà operare con la vetrebroplastica o la cifoplastica.
La vertebroplastica riscuote particolari successi nelle fratture vertebrali dette di compressione. L’operazione funziona nel seguente modo: il medico effettua una incisione chirurgica sulla schiena del paziente ed inietta una sostanza molto simile al cemento osseo, che penetra a fondo nel corpo vertebrale che ha subito la frattura.
Analizzando l’operazione in dettaglio, essa inizia con la somministrazione di un anestetico locale nella zona che si andrà ad operare. Dopo aver effettuato l’incisione si verseranno alcuni millilitri di un particolare cemento biocompatibile, detto PMMA (Polmetilmetacrilato). Il cemento si consolida (cioè si “secca”) molto rapidamente grazie ad una particolare reazione chimica che, sviluppando un calore notevole, porta ad una stabilizzazione della vertebra ed alla scomparsa completa (o quasi) dei dolori avvertiti in precedenza dal malato.
Gli aghi utilizzati per il versamento del cemento sono particolarmente sottili (hanno un diametro di soli 2,5 mm) e l’operazione risulta quindi poco invasiva.
La vertebroplastica è una procedura di radiologia interventistica relativamente recente: fu ideata dal medico francese Hervé Deramond nel non lontano 1984. Essa però prevedeva inizialmente una operazione detta “a cielo aperto” della vertebra e doveva quindi necessariamente essere effettuata in anestesia totale. L’evoluzione di questa pratica medica, detta vertebroplastica percutanea, permette l’uso di una semplice anestesia locale e riduce notevolmente sia i tempi di degenza che quelli di convalescenza.
(Nell’immagine: Aghi per vertebroplastica situati all’interno dei corpi vertebrali)
Un altro tipo di intervento minimamente invasivo è la cifoplastica. Tale procedura viene effettuata praticando solo un foro di piccole dimensioni anziché una vera e propria incisione col bisturi. Anche in questo caso si inserirà del cemento osseo nella vertebra, stabilizzando e solidificando l’osso lesionato. L’intervento, molto rapido, prevede l’inserimento di una particolare cannula fin all’interno del corpo della vertebra, seguita da un espansore osseo il cui compito è di “rialzare” la vertebra schiacciata per riportarla all’altezza precedente al trauma.
L’intervento di cifoplastica può essere utilizzato alternativamente a quello di vertebroplastica nel caso in cui sia necessario un recupero notevole dell’altezza della vertebra. Si tratta quindi di un intervento adatto ai casi più gravi, quelli in cui lo schiacciamento della vertebra è stato molto intenso.
Le terapie non chirurgiche nel trattamento della frattura lombare
Fortunatamente non tutte le fratture lombari necessitano di una complessa operazione chirurgica: in alcuni casi sarà sufficiente una terapia basata sul rinforzo lombare e su una accurata riabilitazione.
Alcune fratture sono più adatte di altre per questi trattamenti decisamente non invasivi: parliamo delle fratture nella parte centrale ed anteriore delle vertebre. Se soffrite di una patologia di questo tipo recatevi da un fisioterapista esperto: sicuramente sarà consigliarvi la terapia più adatta per migliorare notevolmente la vostra condizione.
Oltre alla fisioterapia sarà comunque utile valutare l’utilizzo di un busto in estensione.
In alcuni casi si potranno anche utilizzare dei farmaci come oppioidi od efferelgan con l’obiettivo di diminuire il dolore causato dalla frattura. Nelle situazioni più gravi si potrà intervenire anche in sede con un’iniezione di liquido anestetico direttamente nella regione L2.
Le complicazioni nella frattura delle vertebre
Sfortunatamente una frattura vertebrale può comportare delle complicazioni notevoli.Le più gravi sono sicuramente le trombosi venose profonde delle gambe. Tali trombosi sono causate da una mobilità assente, che provoca lo stacco di trombi che si muovono attraverso le vene fino ad arrivare ai polmoni e nei casi peggiori provocare un’embolia polmonare pericolosissima, a volte mortale.
Altre complicanze sono rappresentate dalle pseudoartrosi, dai blocchi intestinali e dalle perdite del liquido spinale.
Fortunatamente la scienza medica ci può venire in aiuto anche in questi casi, sia con semplici metodi detti “meccanici” (ossia indossando particolari calze a compressione), sia con la farmacologia (tramite l’assunzione di farmaci anticoagulanti, molto efficaci), sia con la chirurgia e con la riabilitazione post operatoria.
Concludendo, la frattura delle vertebre lombari è sicuramente un incidente importante da non sottovalutare assolutamente, ma che può comunque essere affrontato in modo efficace soprattutto se il paziente ha una visione positiva del percorso di cure che dovrà affrontare e decide di impegnarsi a fondo nell’utile trattamento fisioterapico.