Il gomito è formato da un’articolazione costituita da 3 ossa: omero, ulna e radio. La parte più sporgente del gomito è dovuta alla presenza di un prolungamento osseo dell’epifisi dell’ulna, tale prolungamento prende il nome di olecrano e serve ad incastrarsi nella fossa che si viene a formare con l’omero quando si estende il gomito. In questo modo vengono impediti movimenti potenzialmente lesivi per muscolatura e connettivi del gomito a seguito di flessioni del braccio superiori ai normali 180° (braccio teso).
Come è possibile rompersi l’olecrano e quali sono i sintomi della frattura?
Se nei bambini questa porzione ossea è leggermente più elastica che negli adulti (e si rompe perciò meno facilmente nonostante i ripetuti “incidenti di gioco” che caratterizzano l’infanzia e parte dell’adolescenza) negli adulti traumi diretti o indiretti possono provocare la frammentazione dell’olecrano con lesioni di entità diverse. Urti diretti sulla parte esterna del gomito o cadute sul palmo a braccio teso possono essere conseguenze di incidenti stradali o sportivi e possono provocare un forte dolore immediato e una evidente limitazione funzionale. In questi casi l’unica cosa da fare è recarsi a un Pronto Soccorso, dove un ortopedico può prendere le migliori misure terapeutiche per limitare il danno e non peggiorare la situazione.
La frattura dell’olecrano può essere di 3 tipi:
La frattura di I tipo è la meno grave ed è detta composta, perché i frammenti ossei rimangono nella loro posizione originaria.
la frattura di II tipo è invece la scomposta-stabile perché i frammenti tendono a spostarsi dalla loro sede provocando un dolore molto più forte e necessitando di una terapia solitamente più invasiva.
La frattura più importante è quella di III tipo, la scomposta-instabile: in questo caso i frammenti ossei non sono più tenuti insieme dai legamenti che si sono lesi nell’incidente e il gomito tende a lussarsi.
Ognuna di queste fratture può essere comminuta o non comminuta. Nel primo caso i frammenti sono soltanto due, mentre nel secondo caso la frattura è avvenuta in più punti lungo il corso dell’osso e i frammenti sono più numerosi.
Come affrontare la frattura dell’olecrano?
L’ortopedico può elaborare un programma di riabilitazione solo dopo aver valutato la gravità del trauma. Solitamente i raggi X sono sufficienti per capire la situazione del gomito e l’analisi dei risultati può indurre l’ortopedico a optare per una terapia conservativa o chirurgica.
Nei traumi di tipo I e in alcuni di tipo II la terapia conservativa è preferibile: il braccio viene immobilizzato per alcuni giorni e poi viene indossato un tutore fin quando la funzionalità articolare non viene recuperata.
Negli altri casi di tipo II e in quelli di tipo III invece si rende necessaria l’operazione chirurgica. Questa avviene con l’utilizzo di fili di Kirschner, viti e placche in metallo con cui vengono riposizionati i frammenti ossei, mantenuti così in posizione per il tempo necessario alla ricalcificazione.
L’immobilizzazione, per quanto necessaria, deve essere la più breve possibile, per iniziare immediatamente (anche dopo sole 48 ore) la riabilitazione fisioterapica con esercizi di estensione e flessione del gomito, sia in forma attiva che passiva.
È importante che gli esercizi vengano svolti con attenzione, sia in presenza del fisioterapista sia nella propria dimora, così che l’articolazione possa recuperare la propria elasticità e tornare ad essere forte e funzionale.
Purtroppo esiste la possibilità che si presentino alcune fastidiose conseguenze in seguito alla ricalcificazione ossea, tra cui dolore al gomito e più raramente piccole infezioni dovute alle viti o ai fili metallici. Il rischio più comune è però quello di non recuperare totalmente la funzionalità del gomito, specialmente nelle fratture di tipo III, che coprono circa il 15% di tutti i casi.
Proprio per scongiurare questi rischi, e data l’importanza e la delicatezza dell’articolazione, è consigliabile seguire attentamente tutte le prescrizioni mediche, cercando di non affrettare la guarigione tornando a pieno ritmo agli allenamenti sportivi e viceversa evitando di impigrirsi nel momento di doversi impegnare nella fisioterapia riabilitativa.