A volte un semplice incidente domestico o sportivo può provocare delle conseguenze a dir poco spiacevoli, specialmente per i piedi che sono gli arti più soggetti a distorsioni, a “storte” e a urti di ogni genere.
La particolare conformazione ossea dell’arto lo rende poi particolarmente vulnerabile; in particolare il metatarso è quella struttura che sostiene la parte centrale del piede, tra il tarso e le dita, ed è costituito da 5 sottili ossa lunghe che uniscono le falangi all’articolazione della caviglia.
Il V metatarso è l’osso più esterno e oltre ad essere il più soggetto ai traumi è anche il più sottile dei 5 e quello che presenta, nella parte esterna, una tuberosità in cui si inserisce uno dei tendini fondamentali per la mobilità plantare.
Perché il V metatarso si rompe?
Le fratture del piccolo osso sono quasi sempre dovute a traumi in seguito a distorsioni del piede verso l’interno o cadute dall’alto con atterraggi scomodi, su terreni dissestati o senza la adeguata preparazione atletica. Gli sportivi che praticano discipline in cui il salto ricorre, come il rugby, la danza, il calcio, il basket, sono i soggetti più a rischio specialmente per quanto riguarda le fratture dette acute traumatiche che sono causate da un urto violento e improvviso, ma esistono anche le cosiddette fratture da stress, provocate invece da una ripetizione di microtraumi alle ossa che non danno sintomi improvvisi, ma a lungo andare provocano dolore e limitazione della funzionalità.
Sono 4 i tipi di frattura che possono interessare il V metatarso: il I tipo coinvolge la protuberanza tuberosa, il II è a carico della zona prossimale dell’articolazione, quella vicina alla caviglia, il III tipo è una frattura presente nell’area distale dell’articolazione, cioè quella vicina alle dita, e il IV tipo prevede infine una frattura nella diafisi, cioè al centro dell’osso lungo.
Quali sono i sintomi della frattura e come avviene la diagnosi?
Una frattura acuta del V metatarso provoca solitamente improvviso dolore e tumefazione della parte esterna del piede. Lo sportivo accusa grosse difficoltà a camminare e caricare peso sul piede e deve interrompere l’attività sportiva per recarsi da un medico il quale, dopo una visita specialistica, prescrive una serie di analisi strumentali come raggi X e, quando serve Risonanza Magnetica o TAC.
Nella frattura da stress la sintomatologia è leggermente differente; il piede non si presenta gonfio e non vi è limitazione nel movimento, ma durante la pratica dello sport è pur sempre presente del dolore che si allevia con il riposo. Col passare del tempo il dolore tende poi ad essere continuativo e più localizzato attorno al punto della frattura. Nel caso di frattura da stress il medico solitamente non ha bisogno di raggi X, Risonanze Magnetiche o TAC anche perché la frattura solitamente non verrebbe evidenziata; solo in alcuni casi lo specialista può proporre al paziente di sottoporsi a una scintigrafia ossea: un esame che avviene mediante l’iniezione di una sostanza radioattiva le cui emissioni possono essere messe in evidenza da una macchina speciale e che può mostrare anche le fratture più piccole.
Come vengono trattate le fratture del V metatarso?
Quasi sempre le fratture del metatarso subiscono un trattamento conservativo che escluda l’intervento chirurgico e si basi invece prevalentemente sul riposo e l’immobilizzazione. Per quanto riguarda le fratture di tipo I e II viene solitamente applicato un piccolo gesso per un periodo variabile relativamente alla gravità del trauma (con un minimo di 6-8 settimane di immobilità) e viene poi consigliata una riabilitazione con progressivo aumento del carico sul piede.
Questo tipo di trattamento vale anche per le fratture da stress, che a volte hanno però bisogno di più tempo per guarire (anche 20 settimane) e possono essere supportate dalla magnetoterapia, in grado di rendere più veloce la ricalcificazione ossea.
Nei casi più gravi o quando la vittima del trauma è un atleta che non può aspettare troppo tempo per riprendere l’attività sportiva, è possibile sottoporsi a un intervento chirurgico che consiste in una piccolissima incisione e nell’inserimento di una vite che sostenga il piccolo osso. Dopo un paio di settimane dall’intervento è possibile iniziare la terapia riabilitativa e solitamente entro 3 mesi il paziente può tornare alla propria attività sportiva o lavorativa quotidiana.
Se è ovviamente difficile, se non impossibile, prevenire i traumi acuti al piede, è però possibile porre attenzione al modo in cui si pratica l’attività fisica allo scopo di evitare il più possibile le fratture da stress: ad esempio portare scarpe adeguate, programmare attentamente gli allenamenti, gestire i riposi e saper riconoscere i sintomi di eventuali fratture da stress sono tutti consigli utili che possono ridurre molto il rischio di immobilizzazioni forzate e interruzioni anche lunghe degli allenamenti sportivi.