Le cronache dei giornali parlano spesso di “mini ictus” che colpiscono indifferentemente anziani, adulti, ma anche bambini e sportivi. Di cosa si tratta esattamente?
Il nome “mini ictus” nasconde in realtà un attacco ischemico transitorio (detto in lingua inglese “TIA”: transient ischemic attack), ovvero una interruzione o riduzione (fortunatamente solo passeggera) del passaggio di sangue al cervello. Normalmente il “mini ictus” non supera i pochi minuti e non causa danni gravi.
Eziologia dell’attacco ischemico transitorio
Il mini ictus si manifesta quando un piccolo grumo di sangue blocca il passaggio di ossigeno e sangue alle sinapsi cerebrali. Ciò provoca una ischemia, ossia una sofferenza cerebrale di piccola o media durata (non più di 45 minuti – 1 ora). I parenti dell’ictato noteranno subito il cambiamento di condizioni del loro caro, che avrà notevoli difficoltà a parlare ed a capire ciò che gli viene detto; in alcuni casi comparirà una paralisi degli arti o del viso, associata a debolezza muscolare e vertigini.
Come risulta evidente, i sintomi sono gli stessi del classico ictus, ma non perdurano a lungo. È però importante sottolineare come il TIA, pur essendo transitorio, è una sorta di campanello di allarme che avverte del possibile arrivo di un ictus vero e proprio. Le statistiche confermano questa ipotesi in quanto ben una persona su tre interessata dal mini ictus soffre di un vero e proprio ictus nel giro di pochi mesi, massimo un anno.
Schematizzando, le caratteristiche di molti attacchi ischemici transitori sono le seguenti:
· Difficoltà nel movimento, tendenza a non mantenere l’equilibrio, mancanza di coordinazione, forti vertigini
· Paralisi (fortunatamente temporanea) di una parte del corpo, normalmente viso, braccia e gambe (“emiparesi”)
· Diminuzione della sensibilità del corpo (detta “ipoestesia”)
· Difficoltà nella vista, spesso associata a visione doppia (detta “adiplopia”). A volte la vista risulta offuscata; in alcuni casi più gravi può addirittura comparire cecità, di solito momentanea
· Difficoltà nella comunicazione (afasia), associata a difficoltà nel comprendere le parole dette da altri
Le possibili cause dell’attacco ischemico transitorio
Come abbiamo spiegato in precedenza, l’attacco ischemico è provocato da un’alterazione del normale flusso sanguigno deputato al trasporto dell’ossigeno al cervello.
Questa alterazione ha di solito due cause precipue:
1) Restringimento dei vasi sanguigni: sappiamo tutti come un’alimentazione grassa sia pericolosa per la salute. L’ischemia è una delle patologie più pericolose fra quelle legate alla cattiva alimentazione. Un accumulo di grassi (detto “colesterolo”) non è semplicemente antiestetico: oltre a depositarsi sui fianchi e le cosce, i grassi si accumulano sulle pareti delle arterie, provocando la formazione di coaguli ed in generale riducendo il passaggio del sangue.
2) Coagulo in un vaso sanguigno. Tale coagulo può presentarsi a vari livelli: dal cuore al cervello, provocando problematiche di diversa entità ma sempre pericolose per la salute del paziente.
Cosa può provocare un attacco ischemico transitorio?
Le cause del TIA sono numerose e varie; è perciò necessario analizzarle con particolare attenzione per riuscire ad evitare situazioni e comportamenti “a rischio”.
Possiamo comunque individuare due “macroinsiemi”, ovvero due categorie di fattori di rischio:
1) Fattori trattabili
2) Fattori non trattabili
Fra i fattori di rischio fortunatamente trattabili c’è ovviamente il diabete, che può essere affrontato con farmaci detti “ipoglicemizzati”. Nei casi meno gravi sarà sufficiente prestare cura alla propria alimentazione ed al proprio stile di vita. I malati di diabete dovranno quindi seguire una dieta povera sia di zuccheri semplici che di grassi. Evitare quindi sia i dolci che le carni “impegnative” quale quella di maiale. Consigliatissimo lo sport, ovviamente seguendo la naturale fisiologia del paziente. Non si dovranno quindi affrontare attività fisica eccessivamente faticose o rischiose. Frequentare la palestra può essere utile, ma sarà doveroso informare l’allenatore della propria condizione, in modo che possa elaborare una scheda di allenamento adattata alle nostre condizioni.
Per fattori di rischio potenzialmente trattabili s’intendono tutte quelle circostanze per le quali esiste un rimedio, farmacologico o di tipo comportamentale. Per esempio, il diabete (uno dei principali fattori di rischio di ictus) può essere trattato sia mediante farmaci ipoglicemizzanti sia adottando uno stile di vita sano (dieta povera di grassi e zuccheri semplici e movimento).
Al di là del diabete i fattori di rischio che possono essere trattati sono i seguenti (si tratta di una lista non esaustiva)
· Malattie cardiovascolari (o cardiopatie)
· Malattie della carotide
· Fumo (sia attivo che, in minor incidenza, passivo)
· Ipertensione
· Assenza di attività fisica
· Obesità (e in generale condizione di eccesso di peso)
· Colesterolo fuori norma
· Uso della pillola anticoncezionale e ormonoterapia (ossia a base di estrogeni). In questo caso sarà importante consultare il ginecologo per trovare un’eventuale alternativa alla classica pillola
· Abuso di alcol e droghe (soprattutto metanfetamine e cocaina)
I fattori di rischio non trattabili hanno a che fare con caratteristiche precipue del paziente, che non possono essere modificate tramite assunzione di medicinali, effettuando attività fisica o affrontando una dieta ad hoc. Fra i fattori non trattabili ric
· Patrimonio genetico, ovvero casi di TIA, ictus e attacco di cuore già riscontrati in famiglia
· Età matura: ossia superiore ai 55-60 anni
· Sesso. Il TIA colpisce con più frequenza gli uomini piuttosto delle donne