Fra gli incidenti che colpiscono gli atleti, la frattura del gomito è sicuramente uno dei più insidiosi, ma come può accadere questo particolare infortunio e come lo si può prevenire o curare al meglio?
La frattura del gomito in dettaglio
L’articolazione del nostro gomito non è formato da un singolo osso, ma da ben tre: l’omero, l’ulna e il radio (il gomito propriamente detto). Per frattura del gomito si intende la rottura di almeno una di queste tre ossa.
La rottura stessa può essere di diversi tipi, in quanto può comparire al livello del capitello radiale (una frattura che coinvolge il capitello ed il collo del radio), dei condili omerali (la superficie articolare inferiore dell’omero che si articola con il radio) o dell’epitroclea (una tuberosità ossea, situata all’estremità inferiore dell’omero, al livello dell’epifisi).
Fra queste fratture ne esiste una che è indiretta ma che risulta molto frequente fra gli sportivi, soprattutto fra i pattinatori, i praticanti di skateboard o i ciclisti: si tratta della frattura del capitello radiale, che è spesso provocata da una maldestra caduta sulle mani.
Se avete dei bambini piccoli dovrete prestare particolare attenzione che la caduta non causi una frattura sovracondiloidea, in quanto essa può provocare uno movimento dell’epifisi distale del gomito. Non si tratta di una normale frattura perché in alcuni casi essa può causare dei danni ai nervi radiali, con tutte le gravi conseguenze del caso.
Se invece temete per la salute dei vostri familiari avanti con l’età, non è tanto la frattura del gomito che dovete temere, quanto quella del polso, molto più probabile per le persone oltre i 70 anni di età.
I vari tipi di frattura del gomito in base alla loro gravità
In questa scaletta riportiamo i tipi di frattura organizzati secondo la loro importanza, si va dal Tipo I (frattura “semplice”) al tipo III (molto più grave)
Frattura di Tipo I: si tratta di una frattura che può essere composta o formata da una diastasi dei frammenti di minima distanza: meno di 2 millimetri. Questo tipo di frattura non presenta particolari difficoltà di recupero.
Frattura di Tipo II: è la frattura più comune del gomito (oltre l’80% delle fratture sono di questo tipo). In alcuni casi può essere comminuta, ossia formata da frammenti molto piccoli. In questo caso il recupero può essere più problematico.
Frattura di Tipo III: è una frattura molto rara, fortunatamente solo una frattura su 20 è di questo tipo. In molti casi ad essa è associata una lesione del delicato capitello radiale. Per questo tipo di infortunio la prognosi è spesso riservata, ed è necessario armarsi di notevole pazienza per affrontare i prolungati tempi di guarigione.
Eziologia della frattura del gomito
Riconoscere una frattura del gomito non presenta particolari difficoltà: il forte dolore, associato ad un notevole gonfiore, possono far escludere fin da subito una semplice contusione: l’arto colpito risulterà quasi impossibile da muovere a causa del dolore intenso. In alcuni casi la frattura potrà addirittura danneggiare il nervo ulnare.
Per comprendere la gravità della frattura si dovrà necessariamente affidarsi ad un radiologo, che interpreterà nel modo più preciso la radiografia del gomito infortunato.
Particolare curioso: la radiografia non andrà effettuata, come si potrebbe pensare, con il braccio esteso, bensì piegato ad angolo retto, altrimenti non si potrà comprendere la gravità della frattura e se essa sia scomposta o meno.
La terapia più efficace per la frattura del gomito
Per la maggior parte delle fratture (quanto meno per quelle non scomposte) un gesso che immobilizza la parte lesa sarà più che sufficiente per recuperare in modo rapido ed efficace. Per una adulto servirà portare il gesso per almeno 30 giorni, mentre per il fisico più “veloce” di un bambino in 15 giorni si potrà ottenere un pieno recupero.
Diverso è il caso di una lesione epitrocelare o olecranica: in questo caso un frammento della frattura si è spostato in modo pericoloso e deve necessariamente essere fissato con l’ausilio di un chiodo metallico (nel caso della epitrocelare) oppure con un filo di Kirschner (per la olecranica). Il filo di Kirschner è una particolare sottile asta di acciaio inossidabile, che può essere facilmente lavorata dal chirurgo con l’ausilio di particolari pinze.
Possibili problematiche in seguito all’incidente
Una frattura del gomito potrebbe provocare dei problemi anche nel medio, lungo periodo, quali:
Instabilità cronica: la stabilità del gomito risulta compromessa ed aumenta la possibilità di soffrire di fastidiose lussazioni
Artrosi: la cartilagine e l’articolazione stessa possono soffrire di stati degenerativi che provocano dolorose infiammazioni
Rigidità della giuntura: una frattura grave, ad esempio una multipla o scomposta, compromette la flessione e l’estensione del gomito.
Infezioni: compaiono soprattutto se la frattura è esposta e può essere stata infettata da agenti patogeni esterni. Maggiore è il tempo in cui la frattura è rimasta a contatto con l’aria e la polvere e maggiore è la possibilità che compaia la fastidiosa infezione. Se l’incidente avviene in una zona priva di cure mediche immediate (ad esempio durante una marcia in montagna o, per i più avventurosi, in qualche zona desertica) l’infezione potrebbe provocare particolari fastidi e dovrà essere combattuta con i migliori antibiotici.
Concludendo, la frattura del gomito è un infortunio che può declinarsi in gravità molto varie: la più semplice può concludersi con una pratica applicazione di un gesso, da tenere una trentina di giorni; le più complesse invece necessitano di operazioni chirurgiche e lunge convalescenze. È quindi indispensabile rivolgersi a medici esperti, che sappiano seguirvi prima, durante e dopo l’operazione, durante la lunga e necessaria convalescenza.