Non importa quale sia la lesione che ha colpito le dita della mano, le conseguenze potranno comunque comportare una antipatica lassità dei legamenti associata ad una instabilità articolare. Il modo migliore per comprendere il livello di instabilità articolare è di sottoporsi a dei test clinici finalizzati a controllare le lassità dei legamenti. Tali test sono effettuati ponendo l’articolazione in flessione ed in estensione.
Il pollice in dettaglio
Il pollice può effettuare senza difficoltà dei movimenti di flesso-estensione e rotazione grazie ad una particolare articolazione detta “di tipo condiloideo”. L’intervallo di flessione va dai 10 ai 100 gradi mentre i movimenti laterali sono inesistenti. Ciò è però compensato da una notevole mobilità di un’altra articolazione: quella trapezio-metacarpica.
La stabilità dell’articolazione detta MCF (Metacarpo-falangea) è assicurata dalla capsula e da due legamenti collaterali molto robusti, oltre che dai muscoli del pollice intrinseci.
La lesione di Stener, una tipica lesione del pollice
La lesione di Stener (o “pollice dello sciatore”) è una patologia che colpisce soprattutto gli sportivi, in particolar modo coloro che sono appassionati di lotta, calcio, pugilato ed ovviamente sci.
Il termine tecnico di questo infortunio è lesione traumatica del legamento collaterale ulnare.
Fino a poco tempo fa si riteneva che la lesione colpisse soprattutto gli sciatori in quanto si pensava che, impugnando la racchetta da sci e cadendo rovinosamente sulla neve, la racchetta stessa facesse leva sul lato dell’ulna e causasse la rottura di un preciso legamento: il laterale ulnare. In realtà la problematica non nasce dalla racchetta in sé, bensì dalla naturale attitudine “difensiva” che qualsiasi persone assume quando perde l’equilibrio: al momento della caduta la mano si apre a causa di un riflesso condizionato; successivamente peso corporeo preme con violenza sul pollice che si infigge nella neve, provocando una violentissima iper-abduzione da cui può derivare uno strappo o addirittura la rottura completa del legamento collaterale ulnare.
La cura di questa lesione viene decisa in seguito ad un preciso esame clinico basato su delle radiografie ed ecografie. La situazione in cui la lassità della MCF in posizione neutra sia superiore di 30° rispetto alla situazione normale potrebbe far decidere per un risolutivo intervento chirurgico.
Nel caso in cui la lesione sia incompleta sarà sufficiente immobilizzare la parte lesa per 3 o 4 settimane tramite una stecca gessata.
Nel caso invece in cui la lesione sia più grave, cioè completa, si preferirà intervenire reinserendo il legamento collaterale ulnare dopo aver effettuato una sezione dell’aponeurosi dell’adduttore (che verrà poi ricostruito alla fine dell’intervento). In alcune situazioni non sarà possibile suturare il legamento e quindi il chirurgo preferirà utilizzare una tecnica detta del pull-out. Se l’incidente ha comportato anche una lesione ad un frammento osseo si utilizzerà una soluzione meccanica: una minivite che renderà tutto l’apparato più solido.
Le lesioni all’ articolazione interfalangea prossimale (IFP)
Questa articolazione è stata studiata a lungo perchè la lesione che la interessa è quella in assoluto più frequente. Ciò potrebbe stupire, in quanto l’articolazione interfalanginea prossimale è normalmente molto stabile, grazie alla forma trocleare ed al rinforzo fornito dai tendini e dalle strutture retinacolari.
I legamenti collaterali sono formati da due legamenti molto spessi: uno radiale o mediale e uno laterale o ulnare, di dimensioni minori. Tali legamenti sono rilassati durante l’estensione mentre si tendono nel movimento di flessione.
Le lussazioni delle IFP, in particolari quelle dorsali, sono provocate da classici traumi in iperestensione e compaiono soprattutto negli sport cosiddetti “di contatto”, quelli cioè in cui è alto il rischio di scontrarsi con un avversario: pallacanestro, rugby, pallavolo, calcio. Le lesioni appaiono a livello di placca volare (quella che si disinserisce dalla base delle seconde falangi). Nel caso in cui a questa patologia si associ una lesione maggiore (che includa quindi i legamenti collaterali) saremo di fronte ad una completa lussazione. In situazioni molto gravi può avvenire anche il distacco di un frammento osseo a partire dalla parte volare della base della falange seconda; in questo caso si parlerà di frattura-lussazione.
Anche le fratture-lussazioni della IFP si dividono in due categorie: quelle stabili e quelle instabili.
La lesione stabile è quella in cui la parte dorsale dei legamenti collaterali non si stacca dalla seconda falange. In questo caso si potrà optare per un trattamento di tipo conservativo (la classica “stecca” ed il riposo da ogni attività fisica). Quando invece oltre il 40% della base della seconda falange è distaccata i legamenti collaterali non avranno più dei punti di appoggio e sarà quindi indispensabile intervenire con un’operazione di chirurgia, basata sull’uso di fili Kirschner, pull-out o miniviti.