Chi pratica attività sportive o si applica in professioni che necessitano di particolari attività manuali conosce bene il fastidio che può provocare una lesione alle dita.
Sport come la pallacanestro, la pallavolo e la pallamano sono quelli in cui è più probabile incappare in traumi più o meno gravi che comunque, nella migliore delle ipotesi, impediscono di dedicarsi all’attività favorita per almeno due o tre settimane.
Le principali lesioni delle dita
Nella maggior parte dei casi le lesioni delle dita sono dei traumi distorsivi che colpiscono i cosiddetti “legami collaterali”, ovvero i legamenti sostenitivi laterali delle articolazioni falangee.
Essi si trovano nel versante esterno ed interno delle capsule articolari.
Spesso le dita interessate dai traumi sono l’anulare e il mignolo ma in alcuni casi è il pollice a subire i danni da una pallonata molto forte o, nel caso delle arti marziali a soffrire per una parata eseguita male, ossia con il pollice separato dalle altre dita al momento dell’impatto con la gamba od il braccio dell’avversario. Riguardo la classificazione dei traumi, come sappiamo le distorsioni possono essere di tre gradi: i primi due sono di tipo “leggero” e “medio” e solo le distorsioni di 3°grado rappresentano una problematica più grave, associata ad una lesione legamentosa importante. A volte, oltre alle distorsioni, possono comparire delle lussazioni o sub-lussazioni delle articolazioni interfalangee. Un colpo particolarmente violento può provocare addirittura delle fratture, che dovranno necessariamente essere trattate con un’ingessatura del dito infortunato.
Le lesioni in dettaglio ed il loro trattamento
Una lesione tipica è quella detta “Boutonniere”: la lesione parte dalla bandelletta mediale dell’estensore comune delle dita nella zona detta IFP (interfalangea prossimale), da essa deriva una caduta in flessione della seconda falange e di conseguenza una iper estensione della falange distale.
Per curare rapidamente ed efficacemente la boutonniere è probabile che il medico specialista vi applichi uno “splint”, o meglio un “boutonniere splint”. Si tratta di una sorta di anello in termoplastica che viene modellato su misura per il dito del paziente. Il vantaggio dello splint è che esso riesce a mantenere la falange prossimale in continua estensione mentre quella distale riesce a muoversi liberamente, ciò ha lo scopo di rendere più naturale lo scorrimento dei tendini e di evitare delle aderenze controproducenti. Normalmente lo splint dev’essere indossato dalle 6 alle 8 settimane.
Un altro infortunio tipico delle attività sportive è quella in cui incappano i pugili o gli specialisti di arti marziali, al punto che essa ha proprio ricevuto il nome di “frattura del pugile”.
Si tratta della frattura del collo del 5° metacarpo che compare quando si sferra un pugno con il 4° ed il 5° metacarpo, che sono notoriamente più fragili rispetto al 2° ed al 3°. Una volta effettuata una necessaria radiografia, lo specialista consiglierà la terapia più adatta al recupero che varierà a seconda del grado di spostamento del frammento osseo. Per comprendere esattamente quanto il frammento si sia spostato dalla sua sede naturale sarà ovviamente necessaria la visione di una lastra in laterale.
Quando l’allineamento della frattura è inferiore ai 40 gradi sarà sufficiente un trattamento conservativo. Si utilizzerà quindi lo splint di cui si è parlato in precedenza, che andrà applicato per almeno 3 o 4 settimane. Ovviamente sarà necessario immobilizzare anche l’area del polso, la cui posizione dovrà essere a circa 25° di estensione. Dopo circa 20 giorni lo specialisti potrà effettuare un’altra radiografia per comprendere l’andamento del recupero e poi rimuovere il tutore. A questo punto la “palla” passerà al fisioterapista, che elaborerà un programma di rieducazione su misura per il paziente grazie al quale ci si focalizzerà innanzitutto sul recupero della mobilità e qualche tempo dopo (all’incirca dopo due mesi) sul recupero della forza. La parte finale del recupero sarà ovviamente dedicata a coloro che hanno necessità di utilizzare i pugni in modo “offensivo”, ovvero i pugili e gli artisti marziali, mentre potrà essere limitata (o forse addirittura esclusa) per coloro che non utilizzano le mani in modo così intenso.
Il dito a collo di cigno
Tale deformità, tipica delle ossa lunghe, è caratterizzata da una IFP, ossia una iper estensione interfalangea prossimale e da una IFD, una flessione di quella distale. Essa può essere provocata da lesioni del tendine estensore, spasticità, lassita legamentosa ma anche dalla classica (e davvero insidiosa) artrite reumatoide. A seconda del tipo di lesione si avrà un trattamento apposito, che nel caso della spasticità si baserà quasi sicuramente sull’uso del botulino. In caso di deformità lieve si utilizzerà il classico splint, se invece la deformità fosse di tipo cronico, sarà quasi inevitabile un preciso intervento chirurgico, a cui seguirà ovviamente un programma di riabilitazione ad hoc.